Rita Mascialino, Riflessioni sulla Tesi di Laurea di LIVIANA CHIOLO ‘Pinocchio tra palco e pellicola’: il capitolo 3.5.

Mascialino, R., Riflessioni sulla Tesi di Laurea di Liviana Chiolo ‘Pinocchio tra palco e pellicola’: il capitolo 3.5.

Come ho già espresso in altri studi, la Tesi di Laurea di Liviana Filippina Cava Chiolo ‘Pinocchio tra palco e pellicola’ (2021/22), Università degli Studi di Catania DISUM), nella carrellata degli studi più importanti sul più celebre burattino del mondo come nella sua trattazione, pone l’accento sulla semantica dell’arte, sul significato dell’opera di cui si occupa. Si potrebbe pensare che questo sia del tutto usuale, che sia una norma delle interpretazioni relative alle opere d’arte, letterarie e visive tra le altre, ma non è affatto così – basta avere una memoria del grande Umanesimo come sorse in Italia e si diffuse poi in tutta Europa. In generale, tranne poche eccezioni che non hanno avuto troppo seguito per tanti motivi che adesso non si citano,  viene seguito da sempre il metodo esegetico della cosiddetta ‘libera interpretazione’, in cui l’interprete liberamente assegna il significato all’arte secondo le proprie idee soggettive,  non sottoposte a doverosa falsificazione e quindi verifica, arte che, di conseguenza, sarebbe priva di significato in sé e ne riceverebbe oltre che dalle idee soggettive degli studiosi soprattutto dal contesto storico, biografico, nella comparazione fra Autori, sempre liberamente interpretati. La Chiolo, con l’audacia dei giovani e l’assenso della Relatrice Chiar.ma Prof.ssa Simona Agnese Scattina, pone nella Sua ricerca accademica proprio il significato dell’arte al centro del fenomeno artistico. Riflettendo appunto, sarebbe davvero una novità inspiegabile che proprio l’arte fosse fenomeno privo di significato. Ciò non può essere, perché ogni fenomeno senza eccezioni significa in sé e l’uomo può cercare e cerca di capire il suo significato, i suoi effetti, le sue cause, la sua natura. E l’arte è il fenomeno più sconvolgente prodotto dalla mente umana.

LIVIANA FILIPPINA CAVA CHIOLO

Vorrei qui in questo studio mettere, seppure molto brevemente, in rilievo alcune tra le interessanti asserzioni di Liviana Filippina Cava Chiolo relative a uno dei particolari con tenuti nella sua Tesi: il Capitolo 3.5 Dal dramma ‘Profondo Pinocchio’ di Rita Mascialino (Cleup Editrice Università di Padova 2006), superando oggettivamente l’ostacolo dato dal fatto che si  tratti di un’opera della scrivente condivise dall’analisi della Chiolo, nella sua Tesi, che offre ovviamente anche la trattazione approfondita di non poche altre opere di studiosi importanti nella letteratura esegetica dell’opera di Collodi. Seguiranno altre Riflessioni in ulteriori studi al proposito.

Dunque vorrei far seguire qui alcune riflessioni sul giudizio della Chiolo sul più che sinistro personaggio collodiano di Mastr’Antonio detto Ciliegia e Geppetto detto Polendina, due facce del medesimo personaggio come bene mette in rilievo la studiosa nella sua Tesi, nella fattispecie sugli esiti del metodo esegetico innovativo della Mascialino nell’osservazione del fenomeno artistico (111 e segg.):

“(…) Particolare attenzione viene data alla descrizione dei costumi e degli ambient, elementi essenziali per comprendere la psicologia dei personaggi. Si parte con la descrizione della casa di Mastr’Antonio la quale appare priva di luce perché è abitudine del vecchio falegname vivere al semi buio, per poi passare alla descrizione del suo abbigliamento: ‘è vestito di nero con toppe qui e là di varia tonalità di grigio scuro, pantaloni al ginocchio e scarpe pure nere’ e inoltre indossa una parrucca grigia tutta scomposta, un vecchio visibilmente in degrado, che nulla può se non tentare di sopprimere il pezzo di legno parlante sbattendolo al muro, incapace di dare spazio  nella sua vecchia casa a un a giovane vita. Da qui infatti le parole di rifiuto di Mastr’Antonio nei confronti di un’ipotetica vita da crescere ed educare (…)”

Ora nel dramma – e nel precedente saggio della scrivente sul quale è concepito il dramma stesso –, stando al testo di Collodi, il vecchio falegname vuole niente meno che uccidere il pezzo di legno che sospetta essere forse un bambino, spaccandolo contro il muro. Si tratta delle intenzioni omicidiarie di un vecchio che dobbiamo definire un assassino, sempre se ci atteniamo a quanto sta nella semantica del testo collodiano e siccome Mastr’Antonio è il doppio di Geppetto, il suo inconscio come nell’esegesi di Mascialino messa in evidenza da Chiolo, abbiamo un padre, per quanto inconscio e putativo, assassino, un padre che vorrebbe uccidere il piccolo per toglierselo d’attorno. Questo a livello inconscio, livello su cui sta il personaggio di Mastr’Antonio, per chiarire riflettendo: in una prima ideazione Collodi aveva creato un solo personaggio (Mascialino 2004: 21), Mastro Ciliegia detto Geppetto, così che il genitore adottivo di Pinocchio, nelle intenzioni consce e inconsce di Collodi era un padre, per quanto putativo, assassino del figlio. Successivamente, trattandosi di una fiaba per piccoli – oltre che per grandi come ebbe a dire l’Autore – sdoppiò tale terribile padre in due personaggi, indicando tuttavia senza equivoco e con insuperabile maestria letteraria come essi fossero il volto di un unico personaggio visto nel suo doppio profilo conscio e inconscio.

Afferma la Chiolo al proposito nella sua trattazione del Dramma (112), molto precisamente e con ammirevole competenza nell’uso dei termini tecnici letterari e psicologici, come si riscontra per altro in tutta la Tesi:

“(…) Il dialogo conflittuale tra Geppetto e Mastr’Antonio rappresenta l’incontro tra conscio e inconscio – tra lo spirito più giovanile e quello più rassegnato alla vita – che genera uno scontro fino a determinare la definitiva scomparsa di uno dei due. Infatti dopo che Geppetto ottiene il pezzo di legno lascia il vecchio nella sua casa cupa e lo rimuove completamente dalla sua vita (…)”

Adesso Mastr’Antonio non serve più e non comparirà mai più esplicitamente nella vicenda, salvo che stare chiuso nell’inconscio di Geppetto come incancellabile presenza oscura del personaggio che si ravvede poi, per quanto solo in parte – non dimentichiamo la presenza di Mastr’Antonio nel suo inconscio –, redenzione dovuta alla grande generosità del figlio adottivo, Pinocchio.

Come mai Collodi abbia avuto un’opinione così triste della paternità – per altro espressa in tutta la vicenda di Pinocchio e fino alla fine –, sarà oggetto di ulteriori Riflessioni sulla profonda Tesi di Liviana Filippina Cava Chiolo a proposito della sua trattazione del Saggio esegetico e del Dramma (Mascialino 2004-2006).

Rita Mascialino

LIVIANA FILIPPINA CAVA CHIOLO



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